La Chiesa Bizantina, o Chiesa Ortodossa, come fu più tardi chiamata, affermò gradualmente le sue differenze in merito a un certo numero di pratiche e interpretazioni. Riguardo alla pratica, le più importanti differenze sono legate al celibato dei preti, che fu rifiutato (vedi oltre), e al pane consacrato per l'Eucarestia: la Chiesa Latina utilizza pane non lievitato, in continuazione con la tradizione ebraica, mentre le chiese ortodosse, per marcare la rottura con l'Ebraismo, usano pane lievitato. Sul piano dottrinale, la Chiesa Bizantina rifiuta l'inserimento della frase Filioque nella professione del credo. Il Credo Niceno-Costantinopolitano aveva proclamato che lo Spirito Santo procede dal Padre (ex Patre procedit), mentre le chiese di diversi regni occidentali, per riaffermare la divinità di Gesù contro le eresie che la negavano, aggiunsero che lo Spirito procede anche dal Figlio (ex Patre Filioque procedit). Il papa acconsentì alla sua inclusione nel 1014. Per la Chiesa Bizantina, il Credo non poteva venire alterato senza il consenso di un concilio ecumenico; inoltre, il Filioque sottovalutava lo Spirito Santo all'interno della Trinità. Di converso, la Chiesa Latina riteneva che il rifiuto del Filioque sottovalutava la divinità di Gesù.
In più, la crisi iconoclasta portò la Chiesa Bizantina a sviluppare una teologia delle icone che era preoccupante per la Chiesa Latina, imbevuta dell'idea di Gregorio I (590-604) secondo la quale le immagini erano "il libro degli analfabeti", e che quindi non dava loro una simile importanza. L'imperatore bizantino Leone III (r. 717-741) e Costantino V (r. 741-775) si opposero alla venerazione delle immagini dei santi, che avevano guadagnato popolarità, e portarono avanti una politica di distruzione delle icone, considerate un segno di idolatria. Nel 787, il Secondo Concilio di Nicea ripristinò al loro venerazione, ma un secondo periodo iconoclasta cominciò nel 815. Nel 843 la controversia fu finalmente risolta, e l'uso delle icone fu ripristinato nella prima domenica di Quaresima, commemorata da quel momento come la Domenica dell'Ortodossia nelle chiese orientali. L'iconostasi rimpiazzò il Jubé (elemento architettonico che separa il presbiterio dalla navata), ponendo la venerazione delle icone al centro della liturgia ortodossa.
La Chiesa Bizantina proclamò le sue differenze anche in reazione a cambiamenti all'interno della Chiesa Latina. Si opponeva al celibato dei preti com'era stato imposto nella cristianità latina, ritenendo che solo monaci o vescovi erano tenuti al celibato. Una delle più importanti dispute tra le due Chiese coinvolgeva il ruolo del Papa. Il Concilio di Calcedonia aveva creato cinque patriarcati: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, in questo ordine gerarchico. Per l'Ortodossia, questa gerarchia era puramente d'onore e la Chiesa si basava sulla cooperazione tra i cinque patriarchi. Tuttavia, il Papa credeva che il primato di Roma fosse effettivo, il che lo poneva a capo della cristianità. Ciò portò, in Occidente, all'affermazione dell'autorità del Papa su tutte le chiese di stato. In Oriente, gli altri patriarchi si rifiutarono di sottomettersi alla supremazia del Papa.
La pretesa di specificità da parte della Chiesa Bizantina aveva in sé una conflittualità con Roma. La misura in cui le relazioni erano tese dipese dai tempi, ma portò ad una separazione della Cristianità, tra la Chiesa Latina (Romano-Cattolica) e quella Bizantina (Ortodossa). Il primo passo di questa separazione avvenne durante la crisi iconoclasta. Quando la controversia era cominciata, Papa Gregorio II (r. 715-731) rifiutò l'iconoclastia, e i suoi successori continuarono in questa direzione. A quel tempo i Lombardi avevano anche aumentato il numero di incursioni nell'Italia bizantina: dopo la caduta di Ravenna (751), Roma fu minacciata. Papa Zaccaria (r. 741-752) e Papa Stefano II (r. 752-757) si rivolsero al re dei Franchi Pipino il Breve (r. 751-768), le cui spedizioni in Italia portarono alla creazione dello Stato Pontificio: Roma fu portata fuori dall'Impero, ma rimase in comunione con Costantinopoli una volta che la crisi iconoclasta fu risolta.
Dal 9° secolo la conversione degli Slavi portò a un nuovo scontro. In Bulgaria, missionari latini e bizantini ebbero varie dispute, una situazione che portò allo scoperto le differenze nelle loro pratiche. Ciò inasprì in Conflitto tra Papa Nicola I (r. 858-867), che riteneva di intervenire negli affari del Patriarcato di Costantinopoli in nome del primato romano, e il Patriarca Fozio (r. 858-867 e 877-886), che rifiutò la giurisdizione romana pur riconoscendo un primato d'onore al Papa.
Tensioni tra Roma e Costantinopoli portarono allo scisma tra Oriente e Occiente del 1051, che è la data in cui si ascrive tradizionalmente la divisione del Cristianesimo nelle sue branche latina e bizantina. Reciproche scomuniche da parte del Patriarca di Costantinopoli e dei legati papali nel 1054 segnarono il culmine di una seria crisi, ma esse non rappresentarono in quel momento la separazione tra la chiesa latina e bizantina. Le relazioni rimasero abbastanza cordiali da far sì che Urbano II (1088-1099), al concilio di Clermont (1095) e in risposta a una richiesta dell'imperatore bizantino, esortò i cristiani d'Occidente a salvare le chiese orientali dall'avanzata dei Turchi.
La Crociate furono la vera causa della separazione tra la Chiesa Latina e la Chiesa Bizantina. La Chiesa Bizantina era ostile all'idea di una guerra santa. L'impero intendeva usare i crociati per recuperare i territori conquistati dai Turchi, ma dopo che il Principato di Antiochia (1095-1099) fu fondato, divenne chiaro che i crociati avevano altri obiettivi. Dopo la prima Crociata (1095-1099) i latini continuavano a criticare i bizantini, perché sentivano che non li supportavano abbastanza contro i musulmani. Il divario continuò fino alla Quarta Crociata (1190-1204), che terminò con la presa di Costantinopoli e la creazione di un nuovo impero latino sul precedente impero bizantino. Per il latini era l'opportunità di portare sotto l'autorità romana una Chiesa Bizantina che era in errore. Per i bizantini, fu un tradimento che rivelò la natura barbara e perniciosa dei crociati latini che erano cristiani solo di nome.
Ciononostante la rottura non fu definitiva, e ci furono diversi tentativi di ricomporre la comunione. Dopo lunghe negoziazioni, l'unione delle chiese Orientali e Occidentali fu proclamata una prima volta al Secondo Concilio di Lione (1272-1274) e di nuovo al Concilio di Ferrare-Firenze (1438-1439). Ogni volta, tuttavia, gli accordi furono rifiutati da una consistente parte della Chiesa Bizantina, in quanto sembravano come concessioni promesse dall'imperatore imposte a loro (la Chiesa Bizantina) in cambio di supporto militare da parte dei latini.