Evento chiave per la tradizione: Diffusione in Cina
Anche se è testimoniata la presenza di Buddhisti nella Cina sin dal III secolo a.C., non ci fu un proselitismo del Buddhismo fino ai primi secoli d.C..
Il Buddhismo nella Cina della tarda dinastia Han (206 a.C.-221 d.C.) era intriso di pratiche magiche che lo rendevano più simile al Daoismo (vedi modulo del Daoismo).
Nirvana
diventò una sorta di Immortalità. Il Buddhismo aggiunse nozioni come la teoria del
Karman
i valori di carità e compassione, e la necessità di sopprimere le proprie passioni. Fino alla fine della dinastia Han, il Daoismo e il Buddhismo esistettero in una quasi simbiosi. Tutte e due le religioni utilizzarono pratiche ascetiche simili, come la meditazione, quale mezzo per raggiungere il proprio fine religioso. Inoltre, le prime traduzioni dei
Sutra
buddhisti in cinese attingevano a un vocabolario daoista per facilitare la comprensione da parte dei Cinesi.
Dopo il periodo Han, i monaci buddhisti erano molto richiesti tra i governatori non-cinesi nella regione settentrionale per i loro consigli politico-militari e per le loro abilità magiche. Nello stesso periodo, il Buddhismo entrò nelle cerchie filosofiche e letterarie dell’élite meridionale.
L’attività della traduzione diede un contributo fondamentale alla crescita del Buddhismo nella Cina del V secolo e portò alla nascita del Canone Mahayana cinese, una vasta raccolta di sutra, trattati, regolamenti monastici e altre opere in cinese tratti da tutte le tradizioni buddhiste dell’Estremo Oriente (ad esclusione del Tibet).
Durante il periodo tra il V e il VI secolo d.C., le scuole buddhiste indiane si consolidarono in Cina e si assistette alla formazione di nuove scuole cinesi. Il Buddhismo diventò una potente forza intellettuale nella Cina, ci fu una proliferazione di fondazioni monastiche e il Buddhismo si radicò anche tra i contadini.
L’età d'oro del Buddhismo in Cina fu durante la dinastia Tang (618-907). Anche se gli imperatori tendevano a essere daoisti, favorirono il Buddhismo che era diventato estremamente popolare. Sotto i Tang, il governo allargò la propria sfera di controllo a comprendere i monasteri, l’ordinazione e lo stato legale dei monaci.
Durante questo periodo diverse scuole buddhiste cinesi svilupparono visioni distintive, organizzarono il vasto corpo di testi e insegnamenti buddhisti, e ebbero sotto il proprio controllo importanti quantità di terre. Ciononostante il Buddhismo non riuscì mai a prendere il posto del Daoismo o del Confucianismo, e nel 845, l’imperatore Wuzong avviò una grande persecuzione. Secondo gli archivi, furono distrutti 4600 templi buddhisti e 40,000 santuari, e 260,500 monaci e monache furono costretti a tornare alla vita laica.
Il Buddhismo cinese non si riprese mai del tutto dalla grande persecuzione del 845. D’una parte, mantenne la sua identità religiosa, generando anche nuove forme di espressione. Dall’altra, si fuse con le tradizioni confuciane e daoiste per formare un complesso insieme multi-religioso racchiudente tutte e tre le tradizioni in modo abbastanza coerente (vedi modulo sul Daoismo pag. 6).
Le scuole più vitali nella Cina post-Tang furono la scuola Chan (meglio conosciuto in Occidente con il suo nome giapponese, Zen), che si distinse per l’importanza che diede alla frugalità e alla meditazione, e la tradizione Jingtu (Terra Pura), che mise in evidenza l’aspetto devozionale del Buddhismo. La prima scuola era molto influente tra l’élite erudita, soprattutto attraverso le arti. La tradizione della Terra Pura era più influente al livello della popolazione generale e fu connessa talvolta alle società segrete e rivolte dei contadini.
All’inizio del XX secolo ci fu un tentativo di riforma che ambiva a rivitalizzare le tradizioni buddhiste cinese e ad adattarle alle condizioni moderne. Ma durante la Rivoluzione Culturale (soprattutto nel triennio 1966–69), i templi e monasteri buddhisti subirono grandissimi danni. Dopo il 1976 il governo cinese seguì una linea più tollerante, e il Buddhismo iniziò a riprendersi, ma fino a che punto è difficile stabilire.
Analisi delle fonti
Diffusione del Buddhismo nella Cina.
Vedi sopra Evento chiave per la tradizione: Diffusione in Cina
Fonte 2
Le scuole buddhiste cinese
Il fiorire delle diverse scuole in Cina deriva da due cause: la prima riguarda la tendenza a preferire molteplici visioni del mondo e punti di vista religiosi radicati sia nelle tradizioni autoctone (Confucianesimo e Daoismo) che in quelle allogene (Buddismo) piuttosto di cercare un’unica verità religiosa (vedi modulo sul Daoismo pag. 6).
La seconda deriva dal fatto che il Buddhismo stesso, soprattutto la corrente
Mahayana
, permise l'esistenza di vari insegnamenti e interpretazioni dei principi cardini del Buddhismo attraverso gli strumenti ermeneutici dei
Mezzi Abili
(vedi modulo sul Buddhismo I p. 6): anche se alcune scuole buddhiste affermavano di insegnare la verità ultima, consideravano gli altri insegnamenti alla stregua non di menzogne ma di passi preliminari verso
l’Illuminazione
.
Le varie scuole cinesi rispecchiano la capacità del Buddhismo di adattarsi all’ambiente culturale nella Cina:
Scuola Tientai: predica che tutti gli esseri senzienti sono intrinsecamente illuminati. Fu una delle prime scuole a ordinare i vari insegnamenti buddhisti in un singolo sistema coerente organizzato in modo gerarchico, collocando al suo apice il
Sutra del Loto
(vedi modulo Buddhismo I sez. 6). Questa scuola ha posto le basi teologiche per molte delle scuole buddhiste successive nell’Asia orientale.
Scuola Huayen: afferma che tutti i fenomeni siano interconnessi e interdipendenti, e ne deriva che anche la particella più piccola rifletta l’intero cosmo. Il praticante buddhista può partire da un singolo fenomeno per accedere alla natura intrinseca di ogni cosa, e meditando sulla perfetta
Vacuità
, potrà raggiungere l’Illuminazione.
Zhenyan questa scuola fa parte della tradizione
Vajrayana
vedi Modulo Buddhismo I sez. 7) e quindi predica l’unità dell’Assoluto, rappresentato dal Buddha Vairocana, insieme al Relativo (realtà) e i metodi che servono ad attivare questa perfetta unione attraverso rituali che coinvolgono anche il corpo e le emozioni.
Chan: vedi Analisi della Fonte 3:
Scuola Jingtu: : questa scuola predica che: in coerenza con il principio cardine buddhista dell’impermanenza e del decadimento di ogni cosa, l’era attuale va ritenuta troppo degenerata per ottenere l’Illuminazione, quindi l’unica via è affidarsi al
Buddha sovramondano
Amithaba (cin. Amituo) che salverà tutti gli esseri senzienti, creando un paradiso dove tutti possono rinascere (vedi modulo Buddhismo I sez. 6).
In conclusione, il Buddhismo cinese riflette un atteggiamento più positivo nei confronti del mondo fenomenico, che viene ritenuto intrinsecamente illuminato e non come un luogo a parte dal
Nirvana
, ma come un luogo che può essere vissuto come Nirvana, come viene predicato dal buddhismo Chan. La scuola Jingtu rappresenta un’eccezione – e difatti la percezione dei tempi degenerati ha spesso provocato rivolte contadine – ma in generale, il Buddhismo cinese, in modo particolare le sue pratiche popolari, aveva un orientamento orientato positivamente verso questo mondo Tutte queste scuole si sono diffuse in Giappone (vedi sez. 4)
Fonte n°3
Estratti da "I detti di Linji"
Glossario: Seguaci della via: coloro che seguono la via del Buddha
La scuola Chan rappresenta la creazione più originale del Buddhismo cinese. Partendo dai principi della scuola Tientai che affermano l’intrinseca illuminazione dell’uomo, essa predica che l’illuminazione è un risveglio improvviso alla verità che avviene nella massima spontaneità ed estrema libertà. Questa enfasi sulla spontaneità naturale rivela l’influsso di idee daoiste basate sul vivere nel flusso del Dao, come il concetto di Wu-wei (vedi modulo sul Daoismo sez. 3).
Il primo estratto spinge verso la scoperta della Buddhità interiore nelle attività quotidiane, meditando sul sé interiore che è essenzialmente illuminato, senza desiderare qualcosa dall’esterno. Il secondo estratto rivela la necessità di implementare l’ideale della frugalità nell’esistenza attraverso la Verità dell’
Impermanenza
, un aspetto delle pratiche Chan che permise a questo movimento di sopravvivere dopo la persecuzione del 845. In fine, il terzo estratto rivela l’uso paradossale del linguaggio nel Chan: in base all’ultima Verità della Vacuità e dell’Impermanenza, non esiste nemmeno il Buddha. Scopo di questa scioccante affermazione è dissuadere i discepoli dall’afferrare e dal bramare l’Illuminazione stessa!
Fonte 4
Guanyin accanto a un laghetto dei loti
Guanyin è raffigurato in un paesaggio idilliaco mentre viene venerato dal bambino prodigio Sudana. Guanyin è tradizionalmente considerato il Bodhisattva (vedi modulo Buddhismo I p. 6) che assiste il Buddha Amithaba (vedi sopra) e che si caratterizza per il desiderio compassionevole di salvare gli esseri senzienti, non solo guidandoli verso l’Illuminazione ma anche fornendo sollievo da sofferenze psico-fisiche. In Cina, il culto del Guanyin raggiunse l’apice della sua popolarità nel XVI secolo. Nel tempo, il Guanyin acquistò un aspetto piuttosto femminile, apparendo come immagine di fonte materna di amore incondizionato.
La devozione a questo tipo di divinità rappresenta il lato più popolare del Buddhismo cinese, mentre il Chan rappresenta l’aspetto più elevato e spiritualmente raffinato.
Fonte 5
Poeta che passeggia lungo una riva palustre
Il celebre artista Liang Kai lasciò la sua vita prestigiosa per trasferirsi in un tempio buddhista Chan. Questo dipinto raffigura un paesaggio immobile con un’altissima falesia quasi coperta di nuvole che incombe su un fiume. L’uomo appare come una piccola figura isolata sulla sinistra, rifugiandosi in una natura che è il luogo migliore per meditare sul mondo illusorio che appare davanti a lui. Questo piccolo paesaggio esemplifica lo stile Chan adottato per la pittura ad inchiostro: poche pennellate abbozzate creano un dipinto costituito soprattutto dal color bianco che rappresenta la Vacuità del mondo. L’uomo viene considerato come una piccola parte organica della natura (l’influenza del Daoismo) e potrà raggiungere l’Illuminazione tramite un’attività semplice e tranquilla condotta nella natura. Questo dipinto non solo emana una profonda spiritualità ma l’atto del dipingere stesso era considerato un modo per ottenere il progresso spirituale lungo la via del Buddhismo Chan.
Link ad altri moduli:
Modulo sulla Spagna e la Sicilia medioevali
Modulo sul Buddhismo I sez. 6 e 7
Modulo sul Daoismo sez. 3 e 6