Il mito, un particolare genere narrativo tenuto in disparte dagli studiosi e forse anche dagli insiders per via del suo contenuto, della sua forma e dal suo ruolo implicito o esplicito, è molto spesso una narrazione sull’origine del mondo e di ogni cosa che è importante nel mondo e nella società. Il mito racconta la formazione del mondo in cui gli stessi esseri umani vi abitano. Una narrazione può essere chiamata mito quando i fatti narrati avvengono in un “mondo” che non assomiglia proprio a quello che viene formato in seguito a questi fatti. Questi fatti non avvengono in un tempo che possiamo definire “preistorico”, ma in ciò che possiamo definire come “tempo primordiale”, prima ancora che il tempo e la storia avessero inizio.
Questo può essere indicato in modo parziale, come nei miti del Sud America in cui il giaguaro non ha ancora le sua macchie, o può essere evidente, come nel mito biblico della creazione: “La Terra era informe e vuota.” I Greci fecero iniziare il mondo a partire dal chaos, che ha il significato di “buco, lacuna”, un grande nulla con niente al proprio interno. Nella mitologia norvegese, Ginnungagap è un grande vuoto da cui ha inizio ogni cosa. In questo contesto, i miti permettono al mondo di essere creato: è qui che giace la fondazione del mondo ed è qui che vengono determinati i ruoli maschili e femminili, lo status e i vari propositi di ogni popolazione e i sistemi politici.
Nella mitologia nordica, i giganti erano creature che non appartenevano al mondo ordinario: nel Ginnungagap troviamo il gigante Ymer, che fu ucciso, forse come una forma di sacrificio, da tre divinità, Odino e i suoi due fratelli, Vili e Ve. Dalla carne del gigante venne creata la terra, dal suo sangue venne creato il mare, le sue ossa divennero montagne, i suoi capelli furono usati per gli alberi e il cielo venne creato dal suo cranio. Il cervello divenne le nuvole e dalle sue sopracciglia gli dei crearono un muro che circondava, proteggendola, “Midgard”, il mondo degli esseri umani. Al di fuori di questo mondo, a Udgard, vivono ancora i giganti.

CHE COS’E’ UN MITO

Un mito è una narrazione che mette in collegamento i tempi primordiali con il presente. I tempi primordiali sono prima di tutti i tempi e perciò sono fondamentalmente diversi dal presente, spesso proprio l’opposto, un chaos (dal greco chaos) in cui non era ancora stata posta la base per la fondazione del mondo. Ciò accade nel mito, e il nuovo cosmo diventa il modello per l’ordine naturale e sociale di oggi. Per questo motivo, il mito legittima l’ordine sociale prevalente. Ci sono diversi tipi di miti, ma comune a tutti è il modo in cui cercano di spiegare come qualcosa sia nato e come abbia ottenuto uno status e delle caratteristiche particolari, ad esempio lo status e le caratteristiche che ha acquisito da quel momento.
Le quattro tipologie di mito sono:

1. Cosmogonico: miti che parlano della creazione e della forma che assume il primo mondo (in molti miti non c’è un “nulla” prima della creazione, bensì un mondo incompleto e non finito che era stato modellato dagli dei o da altre creature primordiali).
2. Teogonico: miti che narrano dell’origine degli dei.
3. Antropogenico: miti sull’origine degli uomini o sul passaggio da esseri viventi a primi esseri umani.
4. Escatologico: miti che narrano la fine del mondo.

COSMOLOGIA

La cosmologia è la percezione di come l’intero mondo (cosmo) sia costruito secondo un ordine particolare e include sia la natura che la società. La cosmologia può essere implicita, come un ordine cosmico implicito nei fenomeni religiosi, o una dottrina esplicita che riguarda il mondo e l’ordine cosmico.
La cosmologia viene espressa sia nei miti che nei rituali: i miti testimoniano il primo ordine cosmico creato, mentre i riti servono per ricrearlo e mantenerlo.  Quando si cerca di ricostruire la cosmologia di una cultura o di una religione, bisogna prendere in considerazione tutti i miti. Spesso non è sufficiente considerare solamente i miti cosmogonici, perché si limitano a spiegare solo l’ordine naturale, come ad esempio si intervallano il sole e la luna, il giorno e la notte, il cielo e la terra. Per dare un senso al mondo reale come viene percepito dai narratori dei miti, c’è bisogno anche dei miti che narrano l’origine degli dei e degli esseri umani, la loro separazione ( perché spesso si credeva che avessero vissuto insieme in un tempo primordiale), la creazione dei due sessi e del matrimonio, come è arrivata la morte nel mondo (nella maggior parte dei casi la morte è causata da uno sfortunato errore o da una disobbedienza agli dei). Inoltre, servono anche miti che spieghino l’insorgenza di un ordine sociale e le condizioni di vita. Tutti questi miti ci fanno riflettere su come siano apparse la religione, la cultura e il sistema di rituali: proprio quando gli dei si sono separati dagli uomini. Dopo questa separazione, è diventato necessario comunicare con gli dei in qualche modo: attraverso la religione.

Analisi delle fonti

Fonte 1
Il testo proviene dai Rig-Veda, una vasta collezione di inni che vengono usati nei culti, particolarmente in relazione ai sacrifici. La parte più antica dei Rig-Veda risale molto probabilmente alla tradizione orale presente dal 1400 a.C., epoca in cui non c’era ancora una lingua scritta in India. Il testo scritto, come ce lo abbiamo, non sarebbe più tardo del 700 a.C. le ultime parti del Rig-Veda sono prodotti da un clero altamente specializzato, i quali hanno pensato in maniera intesa e universale ai culti e ai sacrifici come a qualcosa che faccia continuare il mondo.
L’uomo primordiale Purusha è enorme. Lui è semplicemente ogni cosa e anche più: è ciò che era, ciò che è, ciò che sarà. Solo un quarto di lui si è materializzato ed è diventato il mondo degli umani. I rimanenti tre quarti di lui sono nel mondo degli dei come un potenza nascosta. Quasi impercettibilmente, il mito racconta come Purusha abbia creato il mondo. Dalla stanza 6 vediamo che questo accade perché lui è diventato un’offerta sacrificale: nell’era primordiale, gli dei sacrificarono Purusha, un sacrificio universale che divenne il modello per tutti i sacrifici postumi. Egli in sé conteneva le tre stagioni dell’India, e una volta che venne compiuto il sacrificio, ogni cosa nacque da lui: gli animale nel cielo, negli alberi e nel villaggio, quindi gli uccelli, gli animali selvatici e quelli domestici (stanza 8), il Rg-Veda stesso, le formule sacrificali (Yajurveda), e le melodie (Samaveda) (stanza 9), i diversi utensili (stanza 10), e i diversi gruppi di esseri umani, i quattro gruppi sociali che formavano il sistema di caste indiano. Questi quattro gruppi sono sorti anche da diverse parti del corpo dell’uomo primordiale (come nel caso di Ymer nell’antico mito norvegese): i Brahmani (la casta dei funzionari religiosi) dalla testa, i guerrieri (ksatriya) dalle braccia, i vaisha (la parte produttiva della popolazione, come i contadini e gli artigiani) dalle cosce, e i shudra (persone che servivano le altre persone) dai piedi. In questo modo i quattro gruppi sociali creavano una gerarchia, ed è abbastanza chiaro come questo fosse il mondo che accettavano i bramini, con loro a capo rispetto ai guerrieri e al resto della popolazione che apparteneva ai più bassi stati sociali.

Questo ordine sociale è percepito come fondamentale in quanto rappresenta l’organizzazione fisica del mondo; la luna, il sole e un certo numero di dei vennero creati da Purusha, così come lo spazio, il cielo e la terra. Come nella rivelazione biblica al monte Sinai, l’ordine rituale venne creato allo stesso tempo degli ordini morale e sociale. I sette bastoni, che delimitano il luogo del sacrificio, e le sette pile di legno, che sono necessarie per questo tipo di sacrificio Vedico, furono determinate a partire da questo primordiale sacrificio a opera degli dei.

Proposta didattica

Attività con le fonti 2& 3
Lo scopo di questo esercizio è di far guardare agli studenti diverse tipologie di mito e far provare loro ad applicare le diverse tipologie di mito (cosmogonico, teogonico, antropogenico, escatologico). Lo scopo comprende anche osservare come i miti orientali e quelli occidentali abbiano differenze sia nella struttura che nel contenuto.